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Aldo Carotenuto e Franz Kafka
Quale oscura motivazione spinge gli psicoanalisti a scandagliare le creazioni artistiche con la stessa cura con cui scrutano nei sogni dei loro pazienti? L’interesse che ciascuno di noi manifesta verso un’opera d’arte rivela una sottile corrispondenza, una segreta simmetria tra le visioni dell’artista e le nostre. Per Aldo Carotenuto, Kafka era, non solo un interlocutore privilegiato, con il quale confrontare desideri, sofferenze, angosce e speranze, ma anche una immagine del possibile riscatto che nasce dalla creatività umana. Il noto psicoanalista diede un importante contributo alla saggistica psicologica dedicata al grande scrittore (Carotenuto A., La chiamata del Daimon, Bompiani, Milano, 1989). Negli anni settanta del secolo scorso, alcuni studiosi americani giunsero, addirittura, a confrontare i sogni di Kafka, come lui li aveva trascritti, con un campione di cinquecento sogni descritti da cento giovani . Carotenuto, più attento alla qualità che ai numeri, sviluppò complesse analogie tra le sofferenze psichiche di Kafka e quelle espresse dai suoi pazienti. Ribadì con ciò, che per servirsi degli strumenti della psicoanalisi occorre essere garantiti da una riflessione psicoanalitica personale. La sofferta esistenza di Kafka e le sue inquietanti creature letterarie ci spingono verso quella soglia della psiche umana che può spalancarsi sull’incubo. L’inconscio senso di inadeguatezza di noi tutti si condensa nelle ripugnanti metamorfosi corporee descritte dall’autore. Ad esse si collega la paura dell’indegnità fisica, il timore di non poter essere amati perché racchiusi in un corpo inadatto. Le figure kafkiane indefinibili nella forma, insetti, topi, talpe, cani, scimmie o creature umane, ci propongono l’enigma psicologico dell’identità; l’inquietante fantasia che immagina, nell’emergere di un affetto, la trasformazione dell’essere vivente in cui i sentimenti si manifestano.
La paura, l’amore, la gioia e la colpa definiscono i confini dell’anima. “Kafka – ha scritto Carotenuto – doveva scoprire un enigma: doveva capire chi era lui e chi era l’altro, quell’altro inquietante che compariva nei suoi scritti, vestendo ogni volta panni diversi”. Ovviamente, chi cerchi, nel saggio dello psicoanalista, una ricostruzione biografica di Kafka si trova fuoristrada. Nonostante la cura con cui vengono vagliate le notizie sulla vita dello scrittore e nonostante l’attento esame di tutta la sua produzione e della vastissima bibliografia, il lavoro mantiene l’intento saggistico al di sopra di quello biografico. Con ciò, non vengono proposti giudizi estetici. La chiave di lettura resta il mondo psicologico dello scrittore, ovvero la convinzione che, nella sua sofferenza individuale, si manifestino gli estremi di un dramma umano universale. Viene descritto un artista, per molti versi, identificabile con i suoi personaggi. Emerge un essere inquieto, tormentato dalle domande e spinto da una misteriosa “chiamata” verso nuovi orizzonti, in cui la ricerca della verità e quella dell’amore si intrecciano continuamente. Kafka era un uomo solo che aveva trovato nella sua creatività lo spazio in cui dar forma alle mille possibilità di esistenza escluse, o limitate, dal vivere quotidiano. E’ la vicenda di una psiche ferita, costretta dalla sofferenza a costruirsi una corazza. Ma questa inaccessibilità allontana dalla vita e viene avvertita come una colpa. La vita, tradita, finisce per condannare chi non ha saputo darle compiuta espressione. “Noi – scrisse Kafka – siamo peccatori non solo per aver assaggiato l’albero della scienza, ma anche per non aver ancora assaggiato l’albero della vita”.
Espressione di questa negativa consapevolezza è la cupa atmosfera kafkiana. Per Carotenuto prevalse il tentativo psicoanalitico di trovare, una risposta storica e universale al disagio umano; ma sono impossibili le soluzioni in formule. E’ solo certo che, qualunque sia la risposta individuale, nessun essere umano può ignorare la chiamata del Daimon.