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Calcio e Violenza
Come mai, milioni di persone guardano il calcio e ragionano poi di calcio, con gli ospiti di turno, in televisione? Perché la palla, nella sua rotondità, catalizza l’attenzione di quasi tutti? Cos’è che rende questo gioco appetibile per la maggioranza? Tra coloro che hanno provato a rispendere, Desmond Morris, un noto antropologo inglese ha, addirittura tirato in ballo gli uomini primitivi.
La “tribù del calcio” appagherebbe, infatti, un istinto che si è radicato nell’uomo in milioni di anni di preistoria. La squadra e i suoi avversari sono come l’orda tribale primitiva, in cerca della preda, in questo caso del goal. Le analogie, effettivamente, esistono. I calciatori, come accadeva ai nostri antenati durante la caccia, devono collaborare tra loro per raggiungere uno scopo comune. Per altri versi, una partita di calcio può rappresentare, simbolicamente, una battaglia tra due tribù avversarie. E’ una battaglia combattuta a colpi di goal e, sul piano psicologico, 1’elemento bellico si concretizza, alla fine della partita, nella distinzione tra un vincitore e un perdente. Questo aspetto aggressivo del calcio riesce, spesso, a smuovere ondate di violenza tra gli spettatori.
Le frange ultrà della tifoseria non considerano le partite come incontri sportivi, ma come combattimenti fra bande avversarie che vedono, nelle squadre in campo, le loro estreme propaggini, La partita costituisce una dimostrazione sociale. La vittoria di una squadra aumenta il prestigio della città di appartenenza. Non a caso, se si verifica la disgrazia di una retrocessione, la squadra si autopunisce con un sacrificio simbolico: eliminando, tramite licenziamento, l’allenatore.
Nel tifoso medio, la passione per la squadra si accompagna all’ammirazione per il singolo giocatore innalzata, a volte, a vera idolatria. Quando nell’individuo non covano patologici desideri ai violenza, il gioco del calcio ha l’effetto tonico che tutti i grandi spettacoli inducono nel pubblico. L’agonismo è il combustibile di ogni partita.
Gli spettatori innescano con i protagonisti e le squadre del gioco del calcio dei sofisticati fenomeni psicologici. Prima di tutto vi è il “senso di appartenenza” ad una squadra. E’ una calda sensazione che può far regredire alcuni ad un livello di beatitudine quasi infantile. Chi è fedele ad una squadra prova una vera e propria commozione all’idea di sentirsi all’interno di questo grande e potente organismo.
In chiave psicoanalitica, il processo profondo che è alla radice di questi sentimenti fa, tendenzialmente, capo alla relazione che il bambino instaura con la madre nel primissimo periodo della vita. Lo psicoanalista M. Balint ha definito “fusione” gli aspetti positivi di questa originaria relazione. Questa parola sembra ben descrivere la totale immersione che alcuni tifosi realizzano nel più grande organismo della loro squadra.
Per quanto riguarda il rapporto del pubblico con le grandi stelle del calcio, è possibile che esse giungano a simbolizzare aspetti psicologici del mondo interiore dei tifosi. Semplificando, l’appassionato di calcio subisce gli effetti di due grandi meccanismi psicologici. Da una parte si “identifica” con i calciatori più apprezzati, cioè tende a pensare che,per il loro modo di comportarsi e di apparire, siano un pò come lui. Da ciò nasce il grande interesse per la vita privata dei massimi giocatori, che diventano personaggi pubblici e sono sottoposti al fenomeno del divismo, in modo analogo alle stelle dello spettacolo o a certi politici.
D’altra parte, il tifoso proietta sui calciatori molte idee e aspirazioni che gli appartengono, anche se non sono realizzate e non risultano, perfettamente, consapevoli. Si tratta, in genere, di fantasie eroiche e belligeranti che i giocatori sono tenuti a incarnare. Per questo, a volte, un campo di calcio somiglia, sorprendentemente, a una scena di battaglia medioevale, con stendardi, scudi lucenti, esplosioni, richiami, grida di incoraggiamento e dense nuvole di fumo.
Nelle grandi trasferte, i tifosi si mettono in marcia proprio come armate del medio evo, muovendo infine, verso le stadio con bandiere sventolanti e suoni di guerra. Ma ciascuno parta con sé i propri pregiudizi e il proprio stato d’animo. Di conseguenza, gli individui psicologicamente immaturi, che non riescono a indirizzare la loro eccitazione nei canali proiettivi e che hanno un interesse distorto e limitato per il gioco in sé, alimentano anche episodi di violenza.