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Carl Gustav Jung e l’individuazione
Il pensiero di Carl Gustav Jung si sofferma, fra l’altro, su quel fenomeno della psiche che viene definito “processo d’individuazione”. Con questo termine, si descrive uno spostamento psicologico, proprio di ciascun essere umano, che muove da una condizione primitiva e indifferenziata, tipica della prima fase della vita, verso una più precisa dimensione personale ed intima; una “individuazione”, appunto. “L’uomo – scrisse Jung, nel 1925 – deve venire adattato in due sensi diversi: alla vita esterna, professione, famiglia, società e alle esigenze vitali della sua propria natura…..Considerato che ogni individuo è una combinazione, nuova e unica nel suo genere, di elementi psichici, la ricerca della verità deve ricominciare nuovamente con ogni nuovo caso, perché ogni ‘caso’ è individuale, e non può essere dedotto da nessuna specie di formule e premesse generali”. E’ una posizione personalizzata all’estremo, che ha anche esposto Jung, negli anni seguenti, alle critiche di coloro che non intendono scindere la pratica analitica dalla ricerca di criteri scientifici globali. Si avverte, nella posizione junghiana, il peso delle riflessioni filosofiche ottocentesche sulle “scienze dello spirito”, tese a cogliere i valori individuali. E’, tuttavia, difficile codificare i concetti interni al discorso junghiano. Come accade spesso, le vie seguite dalle idee non assomigliano a percorsi rettilinei, ma a strade che si intersecano, a itinerari tortuosi, dove non mancano sentieri sbarrati. Somigliano, in ciò, i pensieri, alle vite dei singoli individui, la cui ricchezza rende, spesso, inadeguate le definizioni essenziali. Per questo, ogni biografia costituisce un affresco di stile unico.