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Emotivi anonimi – 2012
Eidos cinema e psyche, 23
E’ noto che Platone distingueva due accezioni diverse della retorica.
Una presuppone una reale competenza intorno alle cose di cui tratta ed è collegata alla dialettica. L’altra, invece, definita kolakeja, è descritta come una forma di seduzione, molto simile alla cosmetica ed alla capacità di ben cucinare. Quest’ultima mira alla persuasione, piuttosto che al sapere oggettivo. Effettivamente, il riconoscimento che la culinaria e, in questo caso, la cioccolateria siano un’opera di creazione non deve implicare che esse rinviino ad un dominio difficile ed astratto, dove il sapere debba prendere la forma di una categoria scientifica assoluta.
La pasticceria, come del resto tutta la culinaria deve, similmente alla retorica, persuadere e non dimostrare. Per questo, essa si ispira direttamente alla tradizione dell’alchimia e non può, assolutamente, venire collocata nel recinto della chimica.
Per chi la sperimenta, l’emozione del sapore non può essere un lavoro definito; inoltre è con difficoltà, che riesce ad essere una memoria. Essa appartiene al registro del piacere umano e, come tale, è sottoposta alle spinte ed ai divieti che l’umano piacere è costretto sopportare. Il piacere non è scientifico ma, anche se ostacolato, può essere convincente.
Ad una tenace opera di autopersuasione, rispetto a se stessi, al loro destino comune e al futuro della loro attività sono obbligati i due protagonisti di Emotivi anonimi; ovvero una abilissima cioccolataia, talmente timida da costringersi a lavorare nell’anonimato e l’introverso proprietario di una fabbrica di cioccolato.
Entrambi appartengono a quella categoria di persone che soffrono dell’incapacità di reggere l’interazione umana. Sono quelli che, per eccessiva timidezza ed emotività, non riescono a parlare agli altri, non riescono ad esprimersi, non riescono, in definitiva, a godersi la vita, perché passano il tempo oppressi dalle proprie paure.
La psicoanalisi ci suggerisce che costoro, lungi dal soffrire di una carenza di desiderio, possiedono una macchina desiderante forse anche più potente rispetto a chi li circonda. Essi vivono, inconsciamente, una forte dimensione pulsionale, ma sono, sempre internamente, inibiti da un potente blocco che li costringe all’astinenza. L’ansia e le fobie costituiscono il risultato e, soprattutto, il sintomo di questo epico conflitto inconscio tra piacere e divieto, che mortifica le loro vite.
Nel film ritroviamo i protagonisti in uno dei gruppi di aiuto degli Emotivi anonimi, effettivamente esistenti nella realtà e sorti, negli anni settanta, a somiglianza dei più noti Alcolisti anonimi.
L’emotività ed il sapore interessano tutti. Entrambi abbisognano di un risultato armonico. Il compito dei due emotivi, innamorati ma incapaci di dirselo, è trovare la giusta ricetta per comunicarsi questa emozione. Ciò va di pari passo con la rinascita ed il rilancio della fabbrica di cioccolato, salvata dal disastro dall’abilità cioccolatiera della protagonista, che elabora una nuova linea di cioccolatini.
I clienti vengono persuasi a comprare le nuove cioccolate, dai sapori meravigliosi che la cioccolataia inventa. I due innamorati si persuadono a rivelarsi il loro amore provando e riprovando i momenti d’incontro, come alla ricerca di una nuova ricetta che gli permetta di assaporare, senza screzi, il reciproco, delicato, sentimento.
Emerge, lentamente ma decisamente, dall’ansia dei protagonisti, una atmosfera più morbida e caramellosa. In certi passaggi, bastano pochi fotogrammi per avere l’impressione che aleggi, in sala, un profumo di cacao, cioccolato e zucchero.
Il vero mondo dei due innamorati non è ansioso, bensì dolce e alternativo, immerso in un surrealismo magico che ben si accompagna al potere anestetizzante e afrodisiaco del cioccolato. Sono due anime spaesate e trasognate, che aprono le finestre su un mondo romantico ed ingenuo di cui, in fondo, vorremmo tutti far parte. Essi vivono nel candore della fiaba, pur sperimentando emozioni forti e contrapposte: timidezza e attrazione, tenerezza e imbarazzo. Sono due impaurite solitudini che, tenacemente, cedono ad una assidua strategia di convincimento, volta a realizzare l’incontro.
Il film attinge al registro fiabesco. Questa impronta è determinata sia dalla calda atmosfera caramellosa che coinvolge la fotografia e la scelta dei colori, fin nei costumi, sia, in maniera ancor più evidente, dall’uso del repertorio espressivo e della struttura narrativa della favola.
Prescindendo dal suo valore artistico, il film rispetta effettivamente le indicazioni sulla fiaba, offerte da Vladimir Propp; ovvero la trasformazione di un sintagma in un paradigma. In questo caso, la vicenda particolare dei due innamorati si evolve in una storia che assume un significato emblematico, in quanto condensa in sé valori e idealità di carattere universale. In sostanza, si realizza un lieto fine.