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Il cuore e la macchina
Potrebbe un cuore artificiale provare dolore e palpitazioni, al ritmo irregolare dei sentimenti, come quello umano? Forse si, ma non vi è alcuna utilità nel realizzare un simile congegno; anche perché la sua capacità di mettere all’erta l’organismo può essere sostituita da altri dispositivi più facili da costruire e, talvolta, come avviene per i computer, più affidabili. Ciò si collega con la diffusa difficoltà nell’accettare l’idea che le macchine siano qualcosa di radicalmente diverso dall’uomo e dagli eventi naturali. Dobbiamo invece evitare l’illusione della continuità fra ciò che è naturale e ciò che è artificiale. Questo non significa rivendicare due linguaggi completamente diversi per descrivere il mentale ed il fisico. Bisogna, piuttosto, privilegiare le ricerche sulla essenza dell’artificialità, rispetto al dibattito sull’intelligenza. Lo scopo è anche quello di evitare le trappole metodologiche che la filosofia catapulta sulla strada percorsa dagli scienziati. Quando i filosofi sentono parlare di “reti neurali” o di “connessionísmo”, hanno spesso l’impressione che si siano sposate le difficili cause del materialismo e del riduzionismo; sicché le leggi generali dell’intelligenza biologica potrebbero essere gerarchicamente subordinate alla comprensione dei relativi fenomeni fisici. Nel dibattito, la difesa di tradizioni consolidate finisce per rendere irrilevanti molti fatti significativi che si conoscono sugli organismi viventi e sulle macchine. L’artificialità proposta nelle macchine, dovrebbe essere immaginata con qualità nuove e peculiari. Mentre le creatività, il pensiero critico e lo stesso ragionamento puro andrebbero considerate cose assai più rare ed energeticamente dispendiose del comportamento biologicamente determinato.