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La televisione spazzatura
(Divulgazione) – La televisione non riesce a comunicare un bel niente. Questa pregevole idea fu proposta, qualche tempo fa, dallo scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger, che avanzò una nuova teoria: il video non è uno strumento di comunicazione, ma una scatola vuota, o meglio, una sorta di quadro astratto dove le macchie di colore si inseguono, similmente alle opere degli artisti moderni. Come ogni astrazione esasperata, anche il piccolo schermo non arriva a trasmettere dei significati precisi; sebbene lo spettatore possa avere, a volte, la sensazione di recepire qualche concetto. Probabilmente, questo è il motivo per cui, in certi casi, tra titoli, speaker in studio, approfondimenti e corrispondenze viene raccontata tre volte la stessa notizia, preferibilmente di tipo politico. Inoltre, a ciò va imputata la disperata pratica, ormai consolidata tra molti programmi informativi, che tende a catturare l’attenzione del pubblico lanciando notizie disgraziate, attraverso il video. Sangue, sesso, degrado e perversione fanno alzare gli indici d’ascolto. La “tivù-spazzatura”, così l’hanno definita negli USA, dove tale pratica è in voga da molti anni ed ha anticipato la diffusione europea. Questa scoperta dell’acqua calda ha determinato una onda lunga di programmi, più o meno giornalistici, lanciati in una gara a chi strabilia e scandalizza di più.
Anche in Italia, nascondendosi dietro la bandiera del dovere di cronaca, i cacciatori di scoop e sensazioni propongono, sul video, le più varie efferatezze. Omicidi, stupri, crimini di ogni genere e, se proprio non si trova altro, ricerca di persone scomparse. Non bisogna dimenticare che, per le Tv pubbliche e private, un alto indice di ascolto, che attragga le sponsorizzazioni pubblicitarie, è il vero, fondamentale, obbiettivo.
Poiché ai curatori dei programmi televisivi non è richiesta la conoscenza dell’igiene mentale e non è detto che dispongano, autonomamente, di buon gusto, potrebbe essere un sogno nel cassetto immaginare una intelligente regolamentazione, capace di ridimensionare queste utilizzazioni del video. Ciò, tuttavia, potrebbe esporre autori e pubblico al rischio di essere oggetto di censura.
Certo, è difficile stabilire cosa sia la qualità televisiva. Presumibilmente, è data da tre elementi: i contenuti, il linguaggio e il destinatario. Privilegiando, esclusivamente, il destinatario, si hanno trasmissioni d’intrattenimento, sul modello dei varietà domenicali. Valorizzando anche il linguaggio, si raggiunge un livello medio. Quando tutti e tre gli elementi interagiscono, si arriva ad un buon livello qualitativo, come nelle trasmissioni di divulgazione scientifica degli Angela, padre e figlio. Sempre divulgative, ma con ben altra prospettiva, le strabilianti trasmissioni del buon Roberto Giacobbo che il grande Crozza rinominò “Kazzenger”. Trattandosi di immagini non è, però, consentita l’ipocrisia rispetto al modo in cui si trasmettono i contenuti.
La televisione ha un enorme potere suggestivo. Ogni individuo, anche un tossicodipendente o un criminale, quando appare sullo schermo, diviene un “personaggio”. Lo spettatore stabilisce, con i personaggi televisivi, dei legami psicologici. In primo luogo, la “proiezione”, ovvero la tendenza di larga parte della platea casalinga ad attribuire proprie idee e aspirazioni a chi occupa il teleschermo.
Contemporaneamente, in virtù delle caratteristiche esteriori e mentali del personaggio, si determina una “identificazione”, cioè la tendenza a pensare: “Lui è come me!”. Ciò avviene, anche, con personaggi che incarnano ideali negativi. Possono, infatti, esservi, tra milioni di persone che assistono, dei telespettatori, potenzialmente, disponibili ad abbracciare questi atteggiamenti. Di conseguenza, esemplificando, per alcuni, soprattutto giovani, un tossicodipendente può trasformarsi da sofferente disgraziato, in “eroe negativo”, alimentando un paradossale meccanismo di emulazione. La stessa emulazione, anche solo mentalmente, può essere evocata dal delinquente che riesce a rappresentare le tendenze ribellistiche ed anarchiche della fase adolescenziale. Valga l’esempio di una serie televisiva, peraltro ben realizzata, periodicamente riproposta sui teleschermi, come “Romanzo criminale”.
Accanto a questo fenomeno si verifica, per il pubblico meno, personalmente, coinvolto, la tendenza opposta; ovvero il fenomeno della sterilizzazione emotiva. L’ostentazione sullo schermo banalizza il dramma; anzi, nel caso dei tossicodipendenti può fare aumentare quel senso di disgusto e di fastidio che, già, alcuni provano verso di essi.
Ovviamente, non si deve generalizzare, perché una realizzazione intelligente, anche rispetto alla cronaca più tremenda, può legittimare la presenza di ogni specie di personaggio, sia pur controverso. Il rischio resta racchiuso nello stile consumistico con cui, su quasi tutti i canali, pubblici e privati, vengono macinate le più terribili esperienze umane, senza limiti di misura o di rispetto.