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La vita di Adele – 2015
Eidos Cinema e Psyche 33
di Alberto Angelini
Secondo quanto Platone scrive nel Fedro: “Bisogna sapere che, in ciascuno di noi, ci sono due principi che ci governano e ci guidano. Uno è il desiderio innato di piaceri, l’altro è invece l’opinione acquisita che tende verso il meglio. Questi due principi presenti in noi talvolta si accordano, talvolta si trovano in conflitto e ora prevale l’uno, ora l’altro”.
La caratteristica principale dell’amore è quella di essere una forza capace di travolgere ogni considerazione intorno a ciò che sia meglio o peggio, giusto o ingiusto. Nella vita della protagonista, Adele, l’amore vince ogni resistenza e, dopo l’incontro con Thomas, un ragazzo che si invaghisce di lei all’istante, l’eros la tormenta con fantasie sconvolgenti che la spingono fra le braccia di una misteriosa ragazza dai capelli blu: Emma. Ella non nega, quindi, i suoi desideri omosessuali. Nessuna “retta opinione”, nessun vincolo familiare, nessun freno razionale potranno impedire che eros abbia la meglio. L’incontro fra le due si presenta con i caratteri del contatto fortuito. Quanto accade, nell’evolversi della vicenda, non è altro che la conseguenza di quella forza che si avverte all’inizio del film. Si dipana una grande e potente storia d’amore e di passione, che vive e muore per ragioni tutte interne alla relazione. E’ un amore che nasce, cresce e trionfa, si consuma e si spezza; un amore che potrebbe durare tutta una vita e invece sbatte contro gli ostacoli eterni che tutti conosciamo, ma preferiamo non ricordare: legge del più forte, differenze culturali, desiderio d’altro, gelosia, fantasie rabbiose di rottura. Non è il cerchio feroce del controllo sociale sull’omosessualità, evocato dalle amiche, che ostacola Adele nel suo legame con Emma; la rottura è legata alle differenze di classe e di cultura.
Inoltre, il regista Kechiche non dimentica la verticalità del proprio sguardo, sempre attento alla società francese. Adele appartiene a una famiglia piccolo borghese, dedita al culto del lavoro sicuro, senza particolari ambizioni, mentre Emma è figlia della borghesia intellettuale, è lesbica dichiarata e ha la ferma intenzione di affermarsi nel mondo dell’arte. Senza pretenziosi simbolismi: a casa di Adele si mangiano spaghetti, mentre sulla tavola di Emma si dispongono ostriche.
Il calore dell’umanissima esplosione di energia, che coinvolge le due, si offre nelle intense scene di sesso saffico, riprese da una camera a mano sempre vicinissima ai corpi delle due amanti. Una scelta lucida del regista che potrebbe risultare anche opinabile a chi non apprezza, pienamente, l’eredità cinematografica del Dogma 95, lasciata da Lars von Trier. D’altra parte, questa visione sempre sospesa, per ore, a pochi centimetri dal volto e dal corpo di Adele, ci costringe ad una forte intimità con l’attrice, che esprime tutto vigorosamente, grazie alle microespressioni del volto, colte in tempo reale dalla camera. Queste forti immagini di sesso fra donne alimentano l’energico impatto visivo del film e ne costituiscono il suo valore di costume; anche se quest’ultimo non può essere, artisticamente, duraturo. Sul piano della psicologia sociale, è un elemento da valutare. L’intensità fisica dell’amore saffico abbandona, per la prima volta, il recinto riservato della pornografia e accede allo schermo del pubblico totale. Non a caso, alcune critiche hanno censurato la carnalità della relazione. Ovviamente non ci troviamo di fronte a un avvenimento epocale e fantasticamente liberatorio, capace di depositarsi storicamente nella mentalità collettiva, come accadde quando il corpo nudo di Hedy Lamar apparve, nel 1933, in Estasi di Gustav Machaty; tuttavia, l’amore lesbico, sul piano fisico, è stato, finora, tra i temi più sottoposti a tabù, in ambito cinematografico. Nel film, l’amore omosessuale resta un problema, ma non a causa dell’omosessualità; bensì perché l’amore è un problema in sé. Adele ed Emma hanno l’amore, ma non hanno nessuna consapevolezza del medesimo. Non ne parlano, non ne discutono, non è da lì che sorge il loro attrarsi. Permane la differenza tra amore e desiderio. Sono i corpi che si cercano e forse, suggerisce il film, questo non basta.
Pier Paolo Pasolini concludeva il suo notissimo documentario-inchiesta Comizi d’amore (1965), sull’Italia repressa sessualmente, augurando ai suoi inibiti protagonisti di ottenere, in futuro, non soltanto l’amore, ma anche la consapevolezza di cosa vuol dire amare. Altrimenti “E’ soprattutto quando è lieta e innocente che la vita non ha pietà”.
Il limite di Adele è proprio nella mancata consapevolezza dell’amore. Ella ha il coraggio e l’ardore di accogliere l’eros, come un dono, a dispetto di ogni altra convenzione e possibilità; ma non si chiede a cosa porterà. Riesce anche a ottenere, dal suo desiderio, un progresso nella sua maturazione e formazione, come individuo. Ma quando poi sperimenterà la separazione, dovrà imparare la lezione più dolorosa; ossia che ci son cose, nella vita, che non si superano davvero mai e alle quali si sopravvive soltanto.