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Modelli della mente
In psicoanalisi serve un modello della mente e il primo modello psicoanalitico della mente trasse origine dalla collaborazione di Joseph Breuer e Sigmund Freud, quando questo ultimo affrontava il caso clinico di Dora e di altre pazienti isteriche. Senza una teoria, in ogni disciplina scientifica, é impossibile selezionare dati dalla massa confusa di impressioni che, continuamente, assalgono il ricercatore. Chiunque crei un modello tenta, in effetti, di offrire una spiegazione rispetto a qualche problematica realtà psichica umana. Si cercano le cause remote del problema. Si vuol capire se comparve nel corso del primo sviluppo, se faceva parte della normalità infantile, se fu conseguenza di un trauma, di una privazione, di un difetto costituzionale e così via. Dall’individuazione di una prima causa di conflitto psichico, si passa a studiare gli effetti sullo sviluppo mentale e i tipi di difesa che essa attiva. Il passaggio successivo comporta l’elaborazione di una teoria globale della psiche. Infine si propone un metodo per risolvere il conflitto. Ciò comporta un atteggiamento terapeutico e delle interpretazioni del fenomeno. Nella psicoanalisi, la teoria raggiunge altissimi livelli di astrazione e il confronto con la pratica appare, a volte, sfumato. I diversi modelli della mente proposti da vari autori, rappresentano tentativi, storicamente rilevanti, di migliorare la comprensione dei concetti e della pratica psicoanalitica. Viene da chiedersi se le diverse scuole si rivolgono a differenti tipi di pazienti, oppure dispongono, tutte, di tecniche terapeutiche universali. Ciascuno dei vari teorici lascia filtrare la convinzione di esercitare una psicoanalisi migliore, anche di poco, rispetto agli altri. Resta l’impressione che l’unico vero rivoluzionario sia stato Freud e che i successori, non importa se freudiani o non freudiani, abbiano fatto solo delle variazioni su temi già stabiliti da lui.