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Vite soffiate di Giuseppe Leo – 2011
Prefazione
Ed. Frenis Zero, Lecce, 2011
Questo lavoro di Giuseppe Leo è una appassionata dichiarazione d’amore verso il mondo romantico e drammatico della prima generazione di psicoanalisti. L’autore penetra nell’atmosfera entusiasta e tormentata in cui vissero alcuni di questi pionieri. Ciò avviene nel massimo rispetto della verità storica, ma nella forma gradevole della finzione letteraria e della realtà romanzata. Vengono proposti personaggi della psicoanalisi che furono, per motivi diversi, immersi in una sorta di “penombra storica”, troppo spesso attraversata dai lampi crudeli del dramma. Ecco quindi che incontriamo i nomi di alcuni che conclusero tragicamente l’esistenza, togliendosi la vita, come Viktor Tausk, Wilhelm Stekel, Tatiana Rosenthal e diversi altri.
Giuseppe Leo, attraverso la penna dei personaggi che animano la finzione del volume, si pone un concreto e serio interrogativo che, tuttora, in certe situazioni, attraversa la mente degli psicoanalisti. La questione riguarda il bagaglio di sofferenze psichiche che una persona già porta con sé, quando intraprende il viaggio psicoanalitico. Ci si chiede se, in certe fasi del percorso, la psicoanalisi non sia addirittura la causa efficiente che acuisce le intime sofferenze di una persona. Ciò, in determinate circostanze, è sicuramente vero e si tratta, in una modesta riedizione laica, del mitico peccato originale di orgoglio commesso dai primi antenati, quando vollero assaggiare il frutto dell’albero della conoscenza. Non bisogna mai dimenticare che il rimosso è tale per motivi di difesa. E’ difficile, nella prospettiva di oggi, valutare l’impatto che il pensiero psicoanalitico può aver avuto su alcuni dei primi personaggi, poi passati alla storia. Il lavoro di Leo aspira a penetrare nel difficile senso della loro esistenza. Viene descritto il dramma di Tausk, intrappolato in una dinamica di dipendenza e ribellione nei confronti del suo maestro, Sigmund Freud e il terribile percorso separato di Wilhelm Stekel, che arrivò al suicidio nella condizione di esiliato. Troppe sono le personalità esaminate per poterle tutte citare in queste brevi righe ma, certamente, merita una particolare attenzione Tatiana Rosenthal. Ella fu, nella sua generazione, una figura importante ed appartenne a quella schiera di giovani psicoanalisti che, agli inizi del novecento, videro nella psicoanalisi non solo uno strumento clinico, ma anche un mezzo potente per capire e cambiare il mondo. La Rosenthal, giovanissima rivoluzionaria russa, divenne responsabile del movimento giovanile delle donne bolsceviche. Per poter studiare medicina, materia proibita alle donne in Russia, emigrò a Zurigo, dove fece pratica presso l’ospedale Burghölzli, frequentato anche da Sabina Spielrein, altro personaggio fondamentale di quel luogo e di quel periodo. La Rosenthal incarna pienamente la figura del giovane intellettuale progressista, dei primi anni del secolo scorso, che riteneva la psicoanalisi un mezzo di riscatto e di progresso sociale. Viene da chiedersi se il suicidio della medesima, avvenuto nel 1921, non fosse anche dovuto ad un complessivo sentimento di delusione causato dalla percezione di quelle forze conservatrici e immobiliste che stavano già mettendosi in moto, agli inizi degli anni venti, nel delimitato mondo della psicoanalisi e, soprattutto, nel gigantesco calderone della rivoluzione russa. Questo scontro con una visione conservatrice della psicoanalisi si sarebbe verificato, non molti anni dopo, anche nella vita di personalità come Wilhelm Reich e Otto Fenichel. Fin troppo esuberante, psicoanaliticamente e politicamente, il primo; equilibrato e profondo il secondo, ma destinato, ugualmente, a scontrasi con il muro di pietra del conformismo psicoanalitico.
Tornando, invece, alla sopracitata Spielrein, è giusto ricordare che, con l’aiuto della Rosenthal e, soprattutto di Vera Schmidt ella diede vita, dopo la rivoluzione, al famoso “Asilo Psicoanalitico di Mosca”, che avrebbe accolto perfino il figlio di Stalin. Questa iniziativa tentava, concretamente, di porre in atto i principi e le idee che avrebbero dovuto portare alla costruzione del mitico “Uomo nuovo” sovietico. Non bisogna dimenticare che la Russia fu il primo paese ad accogliere le idee psicoanalitiche; ancor prima della Francia e dell’Italia. Il gruppo dei primi psicoanalisti russi era, relativamente, numeroso e diversi, fra loro, parteciparono, in vario modo, ma soprattutto idealmente e scientificamente, agli avvenimenti rivoluzionari.
Sempre la Spielrein, che fu uccisa dai Tedeschi a Rostov sul Don, quando la città venne invasa, nel 1941, è ricordata dallo stesso Freud come colei che per prima propose il concetto di “Istinto di morte”. D’altra parte, l’idea di una spinta interna verso la distruzione è tipica della filosofia russa ottocentesca ed emerge, pienamente, nel pensiero filosofico nichilista.
Molti sono i personaggi rappresentati nel lavoro di Leo e, continuamente, la realtà fantastica si intreccia con quella storica. Ampio spazio viene dedicato alla vicenda di Otto Gross. Non si tratta, propriamente, di un suicida, come altre figure trattate nel volume, ma è, comunque, un personaggio che concluse la vita a causa di un modo di esistere convulso e autodistruttivo.
In altra parte del libro viene trattata la grande personalità di Lou Andreas Salomé. Anche in questo caso una donna importante, sia per il valore dei suoi contributi scientifici, sia per la forza della sua personalità che, sembra, non abbia lasciato indifferente lo stesso Sigmund Freud.
Giuseppe Leo ama far dialogare, fantasticamente fra loro, alcuni di questi personaggi. Così possiamo leggere un immaginario epistolario tra Otto Gross e Sabina Spielrein, mentre quest’ultima scrive anche poesie ispirate dalle parole di Wilhelm Stekel. Dal canto suo, Viktor Tausk invia lettere e poesie d’amore a Lou Andreas Salomé.
Il lavoro di Giuseppe Leo non è semplicemente un libro, è la creazione, in base a fatti e personaggi reali del movimento psicoanalitico del primo novecento, di una atmosfera storica e romantica.
Anche per essa, va valorizzato ed apprezzato.
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