Psicologia e religione
Durante le procedure per l’annullamento di un matrimonio presso la Sacra Rota, è accaduto, a volte, di avvertire una certa diffidenza verso le perizie psichiatriche e psicologiche, da parte di alcuni responsabili. Come se il punto di vista psicologico rischiasse, a volte, di sconfinare nell’area di giudizio appartenente, esclusivamente, alla religione. E’ una delle varie situazioni in cui la, mai sopita, polemica tra psicologia e religione può riemergere. Nel passato, uno dei principali esponenti della psicoanalisi italiana oggi scomparso, Cesare Musatti, definì la Chiesa un regime autoritario, in campo spirituale e, per questo, resistente a ogni indagine psicologica che potesse mettere in dubbio i principi stabiliti. Tuttavia, diversi esponenti della psichiatria e della psicologia contemporanea rivendicano la loro matrice cattolica e l’appartenenza alla Chiesa. Freud, in certi casi, è stato addirittura definito “maestro del sospetto” e fomentatore di ateismo. Ciò non ha impedito la presenza di illustri psicoanalisti di fede cattolica, come Matte Blanco e l’opera di teologi, come Hans Kung, che hanno ampiamente illustrato la conciliabilità di psicoanalisi e fede. Le critiche, di tipo religioso, verso la psicologia, tendono a mettere in dubbio la capacità conoscitiva della disciplina e, conseguentemente, la sua autonomia di giudizio.
Storicamente, altre discipline scientifiche hanno dovuto combattere per raggiungere e difendere la loro autonomia. Secoli fa, i medici conquistarono un loro spazio strappandolo ai cerusici e barbieri. I chimici si differenziarono dagli alchimisti e così via. L’intera struttura della scienza moderna si è poi costituita combattendo, galileianamente, contro i limiti della filosofia aristotelica e i vincoli della teologia medioevale.
Attualmente, psicologia e religione si occupano, a volte, delle stesse cose, come nel caso dei matrimoni. Che si creino dei conflitti è normale; ma è impossibile risolverli contestando l’autonomia scientifica delle discipline psicologiche. Come non si può, concettualmente, contrattare un parere medico, non è possibile sindacare una perizia psicologica, se non utilizzando gli stessi strumenti della psicologia. Tutt’al più, si può accantonare l’argomento. Ma seguendo questa tendenza, qualcuno, in piena convinzione, potrebbe finire per consigliare gli esercizi spirituali a chi ha bisogno di uno psicologo.
E’ anche vero che la psicologia contemporanea, come tutte le scienze, riflette non solo sulle sue capacità, ma anche sui suoi limiti e questa consapevolezza è l’unica garanzia di una reale mentalità scientifica. Tuttavia, questa riflessione riguarda la natura umana, tema fondamentale per il pensiero religioso. Ove si creino dei conflitti, la soluzione non consiste nel “fare il tifo” per la psicologia o per la religione, negando contemporaneamente l’importanza dell’una o dell’altra; ma nel riconoscere i diversi livelli e territori mentali in cui esse operano.
Nel caso del matrimonio, il vincolo religioso regolamenta l’aspetto più intimo del comportamento umano: la vita sessuale.
Dal punto di vista psicoanalitico, tutta la sessualità rimane, sempre e socialmente, collegata ad un sotterraneo senso di colpa. Esso ha origine in varie situazioni sperimentate nell’infanzia ed è istituzionalizzato dalla religione, che sottolinea la natura peccaminosa della sessualità, concedendo a quest’ultima solo un posto limitato, al servizio della procreazione.
Dal punto di vista dell’interesse sociale, non è essenziale chiedersi se il senso di colpa è un valore spirituale o psicologico, ma evitare che la persona subisca danni psichici e far si che l’istituto matrimoniale, come impresa civile, possa funzionare.
Gli psicologi e, soprattutto, gli psicoanalisti contemporanei non vogliono sostituirsi ai sacerdoti, trasformandosi nei nuovi direttori spirituali. La psicologia non aspira alla dimensione del sacro che, per definizione, è misterioso; altrimenti rinuncerebbe, automaticamente, alla sua scientificità.