![](https://www.albertoangelini.it/wp-content/uploads/2014/11/alla_luce_del_sole.jpg)
Alla luce del sole – 2007
Eidos cinema e psyche, n.9
Regia di Roberto Faenza
Il desiderio di civiltà, il sogno di cambiare il mondo. Questi i sentimenti che animavano don Giuseppe Puglisi, prete e parroco di Brancaccio, quartiere alle porte di Palermo, dove, dal 1990, lottava per emancipare i giovani e i bambini dalla cultura della sopraffazione e dell’illegalità. Questo desiderio di pulizia, questa voglia di fare attirarono attorno a lui un gruppetto di giovani volontari, con cui costruì un Centro di accoglienza. Presto capì che dare di più, in quel tessuto disgregato, significava scontrarsi col potere locale; chiedere le cose che mancavano da sempre: le fogne, le scuole, l’assistenza medica. Inesorabilmente, la sua attività risvegliò l’attenzione ostile di un ambiente statico e degradato. Lo avvertirono: le case dei suoi collaboratori furono bruciate, la chiesa incendiata, tentarono di fargli il vuoto attorno, fu minacciato, ma non cedette alle intimidazioni. Per toglierlo di mezzo, non restava che la viltà estrema.
“Imputato, dica alla Corte perché l’avete fatto”.
“Quel prete prendeva i ragazzi dalla strada, ci martellava con la sua parola, ci rompeva le scatole. Mi dissero di eliminare il problema e io ubbidii”.
Erano gli anni delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, dove , nello spazio di pochi mesi persero la vita i giudici Falcone e Borsellino, insieme a tanti altri. Gli stessi clan che organizzavano le stragi si trovarono di fronte quel parroco testardo, quel prete che insegnava ai ragazzi a credere in qualcosa di diverso, a non sottostare alla sopraffazione. Lo fermarono nel giorno del suo compleanno: il 15 settembre 1993. Il killer, 33 anni, impugnava una pistola col silenziatore
Il complice disse: “E’ una rapina”.
Ai suoi assassini l’uomo rispose con due parole: “Vi aspettavo” .
Fu lasciato in terra, in una pozza di sangue. Per i boss di Cosa Nostra, l’assassinio di Pino Puglisi rappresentò il superamento di un fastidioso intralcio. Nella realtà esso fu l’epilogo di una lunga catena di incomprensioni, silenzi e inadempienze private e istituzionali che ebbero come oggetto questo prete anomalo.
Un film di non facile realizzazione. Una materia drammaturgica sensibile e dolente che non è più cronaca, ma non è ancora storia. Una impegnativa provadi regia tesa a proporre la virtù umana e civile senza cadere nell’esaltazione retorica. Una interpretazione sul filo del rasoio anche per Zingaretti.