Riti e tabù quotidiani
Alla parola tribù, un termine volgare che i cultori di problemi sociali cercano di evitare, se ne associa spesso un’altra, frequentemente abusata: tabù. La parola ha origini polinesiane e fu importata in occidente da quegli studiosi inglesi che, in epoca coloniale, riferirono, per primi, le usanze dei “selvaggi”.
Tabù significa interdizione e intoccabilità. Può riguardare persone, oggetti e azioni carichi di significati religiosi o cerimoniali. Infrangere un tabù è pericoloso. Il tutto rimanda a riti tribali, totem e danze primitive.
Nessuno pensa, oggi, di vivere in un mondo pieno di significati magici, persone “sacre” e profondi tabù. Eppure è così. Centri storici, sezioni di partito e Parlamento, per esempio, sono accessibili solo a chi ha una autorizzazione, un foglio di carta stampata, o una tessera, simbolo del potere di superare il tabù.
Prescindendo dagli oroscopi e dalla cartomanzia, di semplici riti magici se ne fanno tutti i giorni. Davanti ai gatti neri, o quando si parla di un possibile futuro, gli uomini rafforzano la loro sicurezza toccandosi i genitali, mentre le donne toccano oggetti di ferro. L’antica cultura contadina proibiva molte cose alle donne con le mestruazioni che, in quei periodi, tra l’altro, non potevano buttare la pasta, innaffiare le piante, fare la maionese e impastare lieviti.
Un esempio attuale di parola “magica” è il giuramento che si pronuncia in tribunale, che dà diritto a essere creduti. Molto usato è il linguaggio, tipicamente “tribale” dei segni. Ci si dà la mano per riconfermare delle alleanze e si parla solo con le persone di cui si conosce il nome e la funzione.
Non si possono chiamare per nome il padre, la madre e tutte le persone potenti. Ad esse ci si rivolge facendo precedere il nome dai segni del rispetto. Ciò vale dal semplice dottore ai grandi capi, come il papa, che è il massimo sciamano moderno, o come i ministri e il presidente della Repubblica. Tutti costoro non possono essere avvicinati, se non tramite la mediazione di un altro potente. Non è possibile sostare né camminare vicino ai loro alloggi.
Per quel che riguarda il cibo, solo alcuni animali sono considerati degni della tavola e la scelta varia a seconda del paese e della religione. Anche nelle alte sfere del potere, il cibo mantiene il suo significato magico. Le vere alleanze si stringono a tavola. Ma anche il rifiuto del cibo ha un potere magico. Il digiuno dà forza alla vigilia di avvenimenti importanti. Alcuni gruppi politici hanno impiantato delle vere e proprie strategie , sul digiuno.
Quando un uomo e una donna si sposano devono scambiarsi gli anelli, antichi simboli di alleanza. Prima della cerimonia, nella chiesa o nel municipio, le “tribù” dello sposo e della sposa rimarranno, rigidamente, separate. Sarà l’uomo più potente della tribù della moglie, a consegnarla al marito. La sposa avrà un vestito bianco e i capelli raccolti, a ricordare il sacrificio della vergine.
Anche i colori hanno un significato potente, quasi magico. I colori più forti sono il rosso, che ricorda il sangue e il nero, il colore della notte. Lo sanno bene i politici, che esibiscono il rosso e il nero nei momenti “forti” della vita sociale, con bandiere e manifesti.
Il giorno sacro, per eccellenza, è la domenica. Individualmente, è anche sacro il compleanno, in cui il festeggiato si consola del passare del tempo e dell’avvicinarsi della morte, con i doni che gli vengono offerti.
Tutti gli anni, in una data precisa, il venticinque aprile, la popolazione si reca alle tombe dei guerrieri, portando una corona di una pianta sacra: l’alloro. A officiare la cerimonia sono abilitati, solo, i capi superstiti dei guerrieri che così legittimano, ritualmente, il loro potere.
Di queste e numerose altre regole sacre sono piene le “tribù” dei nostri giorni: Quelli che le trasgrediscono compiono un attentato alla comunità e rischiano di essere espulsi dal gruppo sociale, o meglio tribale.